L'evoluzione dell'ascia nella tradizione

Fu con la civiltà classica dell'antica Roma che si iniziarono a definire le varie tipologie di attrezzi immanicati, in base alle loro caratteristiche e ruoli specifici.
A quel periodo, pertanto, risale anche la differenziazione tra scuri ed asce delle cui particolarità ho già scritto (leggi qui).
Un'ascia in sostanza offre la possibilità di lavorare una superficie frontalmente, non occorre pertanto posizionarsi di lato rispetto all'area sottoposta all'azione dello strumento come accade con una scure o un'accetta; questo può offrire dei vantaggi in molte situazioni operative.

Un'ascia arcaica con ghiera e cuneo a confronto con una più recente in cui il vincolo tra manico è lama è garantito da un occhio conico.
Strumenti aventi la doppia funzione di ascia e scure con le due lame situate sui lati opposti rispetto al manico, che si fanno risalire alla tarda età del bronzo Cretese, continuarono ad essere utilizzate e sopravvivono tutt'ora, ma per lo più, con l'avvento del ferro, gli utensili di questo tipo si andarono specializzando, evolvendosi ed ottimizzandosi per svolgere al meglio un numero di funzioni più circoscritto.
Risalgono al periodo romano, per esempio, alcuni bassorilievi lapidei in cui possiamo riconoscere una probabile antenata dell'ascia medievale, dalla quale a loro volta derivano quelle attuali.
Si tratta in effetti di un'ascia dotata di doppia immanicatura che potrebbe essere definita “a due mani” in quanto attraverso una biforcazione al manico tradizionale se ne aggiunge un secondo che permette di impugnare l'utensile con entrambe le mani.

Alcune rappresentazioni di asce a due mani su bassorilievi lapidei di epoca romana.
 
A dispetto delle barbariche suggestioni fantasy che il suo nome può suscitare, l'ascia a due mani è, in questo caso, un utensile di precisione utilizzato dai carpentieri romani, come testimonia l'abbinamento, nei bassorilievi in questione, con altri strumenti tipici del mestiere.
In sostanza l'attrezzo sembra dare la possibilità di combinare una funzione “da botta”, più efficace per staccare grosse quantità di materia come un'ascia normale, affiancandogli un impiego più preciso, per la rifinitura delle superfici, che si poteva attuare impugnandola da ferma a due mani come si farebbe con una pialla.
Questo secondo modo d'impiego, la cui specificità sembra scomparire nel medioevo, ci suggerisce come, dal punto di vista funzionale, anche le pialle e non solo le asce moderne, possano essere strumenti derivati da questa tipologia di attrezzi.

Una rappresentazione di ascia del XIII secolo dal bassorilievo della basilica di San Marco a Venezia, ed una del XV secolo, da un dipinto attribuito a Maso Finiguerra.

L'ascia medievale infatti, in base a diverse rappresentazioni dell'epoca, perde definitivamente la seconda impugnatura per rafforzare la sua funzione primaria; in questo periodo sembra comunque essere ancora presente, a testimoniare la parentela coll'attrezzo romano, un analogo sistema di fissaggio della lama al manico che avveniva tramite una ghiera ed un cuneo.
Nelle rappresentazioni di epoca medievale si ravvisa la presenza di un manico più lungo di quelli che si riscontrano normalmente sugli esemplari di tradizione più tarda, questo permetteva sicuramente la possibilità di una leva maggiore nel suo utilizzo dinamico a discapito dell'ingombro che non permetteva l'uso in spazi limitati.
 
Ipotesi ricostruttiva di una scure di foggia medievale

 
Le destinazioni d'uso di questa categoria di attrezzi dipendono sostanzialmente da dimensioni e forma della lama, che può essere dritta o avere curvature più o meno accentuate, per venire incontro alle esigenze di diverse categorie di maestranze.

Utilizzo di un'ascia a cuneo.
 In particolare la larghezza del filo, la sua curvatura ed il peso dell'utensile influiscono sul suo uso e pertanto esistono lame larghe e piane, utilizzate prevalentemente in carpenteria affiancate a lame più strette e arcuate che possono essere utilizzate a seconda della profondità della piega per rifinire la curva delle doghe di botti, di ciotole o cucchiai o ancora per scavare solchi, buchi e concavità di vario genere.
Proprio a questa categoria appartiene un arnese tradizionale, conosciuto nei territori di nord est d'Italia col nome di sapéta o sapéta a martèlo, nome derivato con tutta probabilità dalla forma dell'utensile.

La sapéta, un attrezzo tradizionale.
Si tratta di un'ascia particolare, con due strette lame contrapposte, una dotata di tagliente lineare e l'altra concavo, di forma un po' ricurva, poste a formare un arco sulla sommità del manico.
L'occhio centrale, che si viene a formare nel punto d'incontro delle due appendici opposte, risulta essere conico.
Questa particolarità accomuna molte asce tradizionali e moderne, permettendo di realizzare un'immanicatura removibile che risulta utile, come negli utensili più arcaici con lama fissata attraverso ghiera e cuneo, per eseguire operazioni di molatura ed affilatura delle lame la cui condizione, per un loro corretto uso deve sempre essere ottimale.

Utilizzo di una sapéta.

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