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Viduquestla

Penso che la storia degli scacchi e la loro evoluzione nel tempo siano grossomodo conosciute da tutti gli appassionati del settore.
Esistono infatti molti testi che riferiscono concordemente che il famoso gioco nacque in India attorno al VI -VII secolo e che, successivamente, attraverso la Persia e la cultura araba, approdò in occidente sul finire del primo millennio.

La nostra copia degli Scacchi di Albano Laziale in fase di finitura.
Quindi, l'Italia e la Spagna, geograficamente poste come ponti gettati nel bacino del Mediterraneo, furono tra i primi paesi europei ad essere coinvolti dalla propagazione del gioco in piena epoca medievale.
Di questo transito culturale esistono interessanti testimonianze costituite da ritrovamenti di pezzi da gioco, che in molti casi non sono adeguatamente riconosciuti, ne' analizzati o studiati approfonditamente.

La nostra copia degli otto scacchi di San Sebastiano
Comunque tra i reperti più antichi ritrovati in Europa si annoverano due testimonianze Italiane: gli scacchi di Venafro* in osso (custoditi nel Museo Archeologico di Venafro) e quelli di San Sebastiano in osso e avorio (che si trovano nel Museo Sacro della Biblioteca Apostolica Vaticana).

Recentemente ho avuto la fortuna di entrare in contatto con Roberto Cassano per la realizzazione di alcuni scacchi, tra cui le copie pubblicate a corredo di questo post, ed egli mi ha messo a conoscenza di molti particolari che non conoscevo.
Roberto Cassano si è dimostrato essere un grande conoscitore della storia degli scacchi e di cultura scacchistica in generale, su questi argomenti, tra l'altro, ha pubblicato diversi articoli e studi, ha curato la presentazione dei pezzi medioevali di Albano Laziale (Roma), è stato autore e relatore dello studio “Scacchi islamici, forme astratte per cinque secoli” (Museo Nazionale di Villa Guinigi di Lucca, gennaio 2014), è inoltre coautore del testo “L’Italia a scacchi – Guida turistica ai luoghi degli scacchi” (Ed. Le Due Torri, 2014).
A dispetto di un curriculum così importante e della competenza dimostrata, questo personaggio mi ha colpito per il suo carattere modesto e per l'apertura mentale volta al confronto.
Si tratta di un vero appassionato che ha condiviso generosamente, senza mai farla cadere dall'alto, parte della sua conoscenza, inviandomi materiale sia in cartaceo che in formato elettronico, nonché dandomi preziosi consigli riguardo le figure alle quali stavo lavorando.

Una copia dei pezzi di Albano Laziale in lavorazione.
Sono così venuto a conoscenza degli Scacchi in osso di Albano Laziale, conservati ai Musei Civici di Albano, che sono stati ritrovati nel 1996 durante gli scavi in prossimità di un accampamento romano dell’inizio del III secolo d. C.

La nostra copia dei quattro pezzi ritrovati ad Albano Laziale finiti.

Anche questi scacchi, quindi, condividono la sorte dei più celebri ritrovamenti che ho già nominato, la cui collocazione all'atto del ritrovamento stride con la storia ricostruibile grazie a fonti documentali.
Gli scacchi di San Sebastiano vennero infatti rinvenuti all'interno dell'omonima necropoli romana utilizzata, pare, solo fino alla fine del V secolo d. C.
Gli scacchi di Venafro a loro volta vennero ritrovati, assieme a dei resti umani, durante uno scavo  civile (non archeologico) ad una profondità "compatibile" con stratificazioni di epoca romana, ma una successiva indagine spettrometrica al radiocarbonio permise di correggerne la datazione al 980 AD.


Occorreranno forse ancora altri studi e ricerche per risolvere la dibattuta questione relativa alle discordanze relative alle circostanze di certi ritrovamenti e la vera datazione ad essi attribuibile.
Tali apparenti contraddizioni risultano semplicemente dall'impossibilità, nei nostri ragionamenti, di considerare tutte le innumerevoli variabili che potrebbero aver portato questi pezzi a trovarsi, in un periodo posteriore rispetto al contesto di ritrovamento, nel luogo di rinvenimento.

Grazie a tutte le informazioni avute, in ogni caso, abbiamo potuto dedicarci alla realizzazione di queste copie dei reperti originali, realizzandole di legno intagliato, ricoperto di “gesso Bologna” sul quale si è intervenuto con medium ruvido di pasta leggera per ricreare le rugosità tipiche dei reperti originali, completando infine la resa della superficie con colori acrilici.
Attraverso le immagini di questo post si possono valutare vari stadi di lavorazione nonché il risultato finale.



Una volta intagliati i pezzi nelle giuste dimensioni il confronto con le immagini degli originali (sullo sfondo) ci ha permesso di pefezionare forme e volumi.




Ottenuta la figura in legno si è proceduto con la stesura del "gesso Bologna" avendo cura di non coprire i dettagli della scultura.



La copia degli Scacchi di Albano Laziale finti. Dall'alto verso il basso: due Alfieri, una Donna o Re ed una Torre.





* Degli scacchi di Venafro mi riservo di scrivere prossimamente in un apposito post.





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Non sempre riusciamo a risalire ad informazioni complete riguardo gli originali da replicare, per questo, quando ciò accade, decidiamo di operare, per quanto possibile, nel rispetto delle tecniche coeve al reperto in questione.

Pur tenendo in considerazione tali criteri di storicità, ci sembra esista ancora parecchia discrezionalità sull'uso di particolari attrezzature e delle prassi di lavoro che esse rendono applicabili, che andrebbero quindi indagate in base al contesto culturale del ritrovamento.
In mancanza di altri dati, infatti, ci si trova di fronte a diversi percorsi possibili che spesso rappresentano alternative valide ed equiparabili.

Dell'astuccio in questione abbiamo reperito i disegni prospettici in scala di tutti i lati, con l'aggiunta di qualche significativa rappresentazione in sezione (di ausilio per comprendere la profondità del vano interno).




Quindi, pur consapevoli che questo non avesse rilevanza assoluta, abbiamo deciso di operare completamente in modo manuale, utilizzando solo utensili morfologicamente simili a quelli documentati nell'epoca di riferimento.

Ecco un resoconto dell'intero lavoro, abbinato ad una presentazione di testimonianze archeologiche che rendono storicamente attendibili i processi svolti.

Partendo da un ceppo di legno, si è deciso di ricavare il materiale nelle proporzioni necessarie alla replica dell'astuccio, spaccandolo con un fenditoio.

Alcune immagini delle operazione di fenditura del legno, utili a ottenere il materiale per la realizzazione della scatolina. Sotto la lama di un fenditoio di epoca romana di proporzioni e dimensioni paragonabili a quello utilizzato*.

Si è ottenuta così una forma grezza, leggermente torta che è stata pareggiata operando con una piccola accetta da intaglio.

La testa dell'accetta da intaglio utilizzata per squadrare il parallelepipedo di legno a paragone con un reperto analogo*. Esistono molteplici ritrovamenti di attrezzi con queste fattezze che risultano frequenti soprattutto per il periodo che va dal 600 al 850 d.C.

Successivamente si è tagliata in lunghezza la forma della scatola, utilizzando una sega a telaio.
In questo caso è irrilevante realizzare il taglio in maniera perfettamente ortogonale alle altre superfici in quanto tutti i lati devono ancore essere rifiniti.

La sega a telaio utilizzata per tagliare il parallelepipedo è un attrezzo di derivazione romana. Qui la vediamo rappresentata in un bassorilievo dell'età Flavia raffigurante una bottega di falegnami che oggi è conservato alla Centrale Montemartini, polo espositivo dei Musei Capitolini di Roma.

Abbiamo perfezionato tutte le facce in un secondo momento, verificandone l'ortogonalità con una squadra.

Per verificare l'ortogonalità delle superfici realizzate s'è usata una squadra a battente in legno. Un esemplare simile è raffigurato in bassorilievo su una lapide funeraria esposta al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.

La rifinitura delle superfici si è svolta attraverso l'azione di una pialla, sui quattro lati lungo vena, e quella di una sgorbia a filo dritto sui due di testa.

La pialla utilizzata per la rifinitura delle superfici piane è morfologicamente simile ai molti esemplari di pialle romane ritrovate. La foto, raffigurante i reperti esposti al museo del forte romano Saalburg, di Hesse, è stata gentilmente concessa da Andreas Franzkowiak, Halstenbek, Germania. (License CC-BY-SA-3.0)

La sgorbia a filo dritto utilizzata per squadrare e pulire la superficie di testa misura 27 mm, nell'immagine sottostante un analogo reperto di epoca romana il cui filo misura 38 mm*.

Una volta ottenuta la forma esterna dell'astuccio si è proceduto allo svuotamento, segnando i contorni dello scavo con un coltello da intaglio e procedendo con l'ausilio di una sgorbia dal filo curvo.

Il coltello da intaglio utilizzato per diverse operazioni sulla nostra replica (tracciatura, intaglio, rifinitura, etc.) ha proporzioni simili a molti reperti dell'epoca.
Uno scatto della fase di svuotamento che è stata eseguita con una sgorbia curva di 20 mm di larghezza analoga a quelle sulla destra, reperti di epoca romana (alcuni dei quali son stati ritrovati con ancora tracce di legno incrostate sul filo). Le lame misurano rispettivamente di 24, 33, 25 e 13 mm*.

Sempre con coltello e sgorbia a filo dritto abbiamo realizzato l'incavo destinato ad accogliere il coperchio scorrevole, quest'ultimo è stato realizzato da una scheggia del materiale di partenza.

 


Si è rifinita la forma del coperchio con lo scalpello, in maniera graduale, provandolo di volta in volta finché ha calzato perfettamente.


Il lavoro sulla forma dell'astuccio è stato completato grazie ad un foro praticato con un succhiello di misure adeguate.

Il foro che completa la forma dell'astuccio e, sulla sinistra, una punta a succhiello di origine romana*.

Una volta riportati i disegni decorativi su tutti i lati dell'astuccio si è proceduto, quindi all'intaglio, effettuato con coltello e sgorbie a filo dritto.


Alcune fasi di intaglio


Ecco quindi il risultato finale:














* I disegni dei reperti di attrezzi sono stati realizzati interpretando le foto degli stessi pubblicate in L. RUPNIK, Római Kori Vasszerszámok Pannoniából, II, Kötet: Katalógus és Táblák, 2014, Budapest (Ungheria)

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