Gli scacchi più discussi del Medioevo europeo.

Sicuramente tra i ritrovamenti di scacchi di epoca medievale più studiati ed indagati c'è quello avvenuto a Venafro nel 1932.

Il confornto tra gli scacchi di Venafro in una veccchia foto e le copie in scala 1:1 realizzate da noi

 

Studi, testi, analisi, pubblicazioni e tesi inerenti a questi piccoli attrezzi ludici sono innumerevoli tanto che sarebbe impossibile, in questo contesto, citarli compiutamente; mi limiterò pertanto ad accennare alcuni passaggi di questa ricerca compiuta da molti protagonisti del mondo della cultura scacchistica ed archeologica.

La causa di tanto clamore nasce proprio dalle circostanze del ritrovamento (di cui ho già parlato qui), che non permisero un approfondito esame del contesto del rinvenimento tale da permettere una precisa datazione del reperto.

Per vicinanza geografica con diverse sepolture romane presenti nella zona, i pezzi vennero inizialmente descritti come pedine appartenenti ad un gioco di epoca classica e questo errore di base fu la causa dei tanti studi che si susseguirono.

Non si può certo imputare alcuna mancanza all'archeologa Olga Elia, che per prima si occupò di scrivere uno studio del reperto, visto che sembrò aver compreso l'importanza di quei “diciotto pezzi […] che devono considerarsi appartenuti ad un gioco da tavolino del genere detto di riflessione, tipo dama e scacchi”.

 

Nell'introduzione del testo di O. Elia si parla di 18 pezzi anche se ne vengono descritti 19, oggi sappiamo che i due frammenti riprodotti in foto sono di pezzi differenti.

 

Anzi, a mio avviso nel suo testo, laddove descrive ogni pezzo del ritrovamento, citandone proporzioni e dimensioni, traspare un tentativo di indagine più rigorosa, rimasta probabilmente in qualche modo frammentaria o “non conclusa” e per questo, forse, non completamente espressa. 

Il testo di O. Elia descrive anche la presenza di pomelli o tappi che andavano a completare alcuni pezzi (come re e regine) inserendosi nella loro cavità centrale. Tali parti sono purtroppo andate perdute.
 

Non possiamo certo stupirci se in quegli anni non fosse a conoscenza della storia e della nascita degli scacchi o della loro evoluzione in relazione alla foggia e al design dei pezzi, tanto più che studi conclusivi in questo settore vennero divulgati solo più tardi.

Eppure non possiamo non notare l'indizio fornito dalla sigla con la quale la studiosa descrive i singoli pezzi del ritrovamento: 

 

  • R, R¹, R², R³, per quelli che oggi riconosciamo come Re e Regine del gioco degli scacchi;

     


     

  • T, T¹,T², T³, per quelli che oggi sappiamo essere Torri nel gioco degli scacchi;

     


     

  • A, A¹, A², per quelli che consideriamo Alfieri;

     


     

  • a, a¹, a², per quelli che sono i Cavalli;

     


     

  • B, B¹, B², B³, B, per i Pedoni.

     


     

Il tentativo di accostamento di questi pezzi a quelli degli scacchi risulta, a mio avviso, evidente dalla scelta delle lettere iniziali dei singoli elementi, ma come spiegare la completa assenza di altri reperti simili nei molti scavi archeologici che in tutta Europa hanno fornito letteralmente montagne di reperti ascrivibili alla cultura ludica romana?

 


 

Successivamente venne ipotizzato (in particolare dal dott. Adriano Chicco, uno dei maggiori studiosi italiani dell'argomento) che la nascita degli scacchi in India potesse essere avvenuta prima di quando comunemente ritenuto, in modo che i pezzi rinvenuti a Venafro venissero contestualizzati grazie a riconosciuti contatti commerciali o militari tra l'Oriente ed il mondo romano.

Anche in questo caso non tutti i parametri però sembravano dare spiegazioni veramente credibili, infatti più si avanza nel tempo, avvicinandosi al VI – VII secolo d.C., più la presenza degli scacchi in Asia risulta plausibile, ma diventa sempre più difficile sostenere il mantenimento di scambi tra Oriente ed Roma.

Inoltre i pezzi di Venafro sono di foggia islamico-persiana, morfologia che difficilmente si può collocare in un periodo tanto anteriore, per esempio tra il III ed il IV sec. d.C., periodo ultimo in cui i contatti diretti tra Roma e paesi asiatici possono essere considerati ancora in auge ,seppur già notevolmente ridimensionati.

 



L'interesse per questo curioso reperto si risvegliò successivamente a partire dal 1990.

Essi furono esposti in diverse occasioni e questa visibilità sollecitò molti studiosi che scrissero le loro analisi, riportando diverse teorie nel tentativo di spiegare l'anomalia che questo ritrovamento comportava.

Non si poteva negare l'evidente similitudine dei reperti con altri scacchi rinvenuti in Europa, ascrivibili al periodo medievale e la tesi che anche gli scacchi di Venafro risalissero al X secolo, venne presa in considerazione in particolare dalla studiosa tedesca Antje Kluge-Pinsker in due studi del 1991 e del 1992.

 


 

Nel 1994, grazie all'interessamento del dott. Franco Pratesi, ci si apprestò a dirimere definitivamente la questione mediante un'analisi radiocarbonica con il metodo della spettrometria di massa con acceleratore che venne effettuata in due distinti laboratori: uno del Dipartimento di Scienze Fisiche dell'Università di Napoli Federico II e l'altro dell'Australian Nuclear Science and Technology Organisation di Sydney.

Il risultato fu unanime e venne così definitivamente riconosciuta la datazione degli scacchi che provengono dalla fine del X secolo.

 


Nel 2020, infine, è uscito un libro che riporta, oltre ai testi già raccolti in passato da “L'Itallia Scacchistica”, pubblicati successivamente alla datazione al radicarbonio, gli atti del convegno “Venafro e gli Scacchi” tenutosi il 7 settembre 2019 .

In quest'ultima pubblicazione lo studio di Federico Bonfanti e Marco Bertolini chiarisce, grazie ad un'analidìsi tecnologica sui reperti, che il materiale utilizzato per realizzare gli scacchi non è osso, come si era convenzionalmente creduto, ma corno, ottenuto da più palchi di cervo europeo adulto.


Quante sorprese saranno ancora in grado di riservarci questi piccoli reperti già tanto discussi?

 

 

Gli scacchi che si vedono nelle immagini del post sono copie eseguite da noi in scala 1:1.

Essi sono stati riprodotti a mano in numero tale che, una volta colorati in differenti sfumature potessero formare un set da gioco completo. 

 



 

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