La scure da squadro, un attrezzo misconosciuto!

Prosegue l'analisi delle varie tipologie di utensili da taglio immanicati.
Dopo aver visto le differnze tra scure, ascia e d accetta, mi voglio dedicare, infatti, alla descrizione delle diverse tipologie di scuri riscontrabili nelle nostre tradizioni.

L'utilizzo di una "dolaora", una scure da squadro di tradizione italiana.


Secondo l'articolo di Mauro Agnoletti dal titolo “Indagine sulla tecnologia degli attrezzi da taglio in Trentino” pubblicato su “SM Annali di San Michele” N° 9-10, anno 1997, le scuri sarebbero suddivisibili in queste principali categorie:

  • da abbattimento
  • da spacco
  • da scortecciatura
  • da squadratura

Penso che quest'ultima tipologia sia, per molti aspetti, la più interessante, essendo quella che permette maggior controllo sulla distanza di fenditura, particolare necessario per una corretta prassi nella lavorazione del legno.
Prima di scendere in specifiche descrittive, occorre dire che il termine “scure da squadro”, denominazione riduttiva a mio parere, si usa per definire ogni scure atta alla realizzazione o rifinitura di una superficie piana.
Non si tratta dunque di attrezzi necessariamente vincolati alla lavorazione di un tronco solo per la realizzazione di travi.
Prima di venire condannate all'oblio, a causa dell'introduzione massiccia di processi di lavorazione industriale, tali scuri sopravvissero a lungo in ambienti di carpenteria dove il saper lavorare lungo le venature del legno rendeva non ancora competitive le nuove macchine utensili.

Dobbiamo pensare, però, a queste scuri come ad attrezzi atti alla lavorazione del legno in senso più ampio che venivano utilizzati, prima dell'abbandono, sia nelle botteghe di carrai, che in quelle di bottai, zoccolai, mobilieri, fabbricatori di sedie e di utensili da cucina etc. oltre che, come già detto, nei cantieri di carpenteria tanto navale quanto civile.

Ovviamente nei vari casi venivano a cambiare, oltre alla forma, il peso, le dimensioni e la lunghezza del tagliente.
Si trattava di attrezzi professionali che, a tutti gli effetti, richiedevano una buona fattura e presentavano alcune caratteristiche comuni.
Innanzitutto erano scuri dotate di lame mediamente di sezione molto più sottile rispetto a quelle delle tipologie da spacco, dovendo giocoforza ridurre al minimo la funzione del cuneo della lama a favore di un maggior controllo sull'azione del tagliente.


I diversi profili di alcune scuri: a sinistra una breitbeil di origine austriaca, in centro una scure da spacco, a destra una scure da squadro italiana con lama leggermente convessa.

Doveva inoltre essere possibile maneggiare tali attrezzi avvicinando il punto di presa alla testa, fino a portarlo dietro al filo del tagliente in modo da consentire di operare semplicemente facendo scorrere la lama attraverso una semplice torsione del polso, senza l'ausilio cinetico del movimento del braccio.
La porzione di ferro affilata, mediamente lunga, veniva a collegarsi all'occhio che permetteva l'immanicatura attraverso uno stretto collo, e questo ha spesso dato vita ad attrezzi dall'aspetto molto accattivante e aggressivo nonostante si trattasse, in effetti, di espedienti pensati per migliorare la precisione dell'azione del tagliente.


la riproduzione di una scure da squadro ispirata ad iconografie medievali.

Per ottenere questo controllo occorreva, come già accennato, diminuire la distanza di fenditura che si forma tra il filo del tagliente e il punto in cui il legno si taglia e questo poteva avvenire anche grazie al sollevamento di schegge molto sottili, simili a trucioli.


Schema che esemplifica come, variando l'angolo di lavoro ed operando per staccare porzioni di legno sottili, si possa controllare la distanza di fenditura.

Per questo frequentemente, le scuri da squadro presentano lame di sezione assimetrica, pensate per “sollevare” piccole porzioni di legno mediante colpi praticati in senso quasi parallelo alla superficie da realizzare (con angolo di lavoro minimo).

Sotto questo punto di vista il termine più corretto potrebbe essere scure “da lato”, denominazione che fa riferimento alla caratteristica asimmetria della lama che viene a presentare il bisello (il “taglio inclinato” che permette l'affilatura) posizionato solo su un lato mentre il lato opposto risulta essere più piatto possibile.
L'immanicatura di queste lame asimmetriche venne ad essere fissata con un angolo di circa 15/20 gradi rispetto all'asse del tagliente, cosa che permetteva di lavorare con angoli d'incidenza minimi senza compromettere la sicurezza delle nocche dell'operatore, preservandole da scontri dannosi con la superficie in lavorazione.
Esistevano quindi scuri destre e sinistre, utilizzate per lavorare il legno su superfici opposte anche in presenza di ostacoli che avessero obbligato l'artigiano a posizioni scomode in mancanza di questa possibilità.
La frequenza con cui si riscontrano scuri da lato sia “destre” che “sinistre” ci affranca, del resto, dalla errata credenza che si potesse trattare di strumenti pensati per mancini.
Esistono, per di più, esempi di scuri da squadro con testa simmetrica, il cui solo elemento fuori asse è costituito dall'impugnatura che presenta una curvatura che la porta a raggiungere l'angolo d'immanicatura di 12 gradi: questi strumenti, semplicemente mediante la rimozione del manico che poteva essere posizionato in ambo i versi si potevano adattare per lavorare superfici sul lato destro o sinistro.
La cosa può lasciare perplessi coloro che sono avvezzi all'uso di scuri da abbattimento o da squadro il cui manico è saldamente fissato tramite un cuneo interno che aprendo a metà la porzione di legno che entra nell'occhio della testa, lo fissa in maniera irreversibile, ma in attrezzi come le scuri da squadro, più propensi ad un uso di precisione e non “da botta” non è inusuale la possibilità di rimuovere con facilità il manico per meglio adempiere alle operazioni di affilatura, dato che la lama, per un uso corretto, deve rimanere costantemente affilata come una sgorbia o uno scalpello.


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