Shah mat! Il Re è morto... Il cammino dei defunti.

La vittoria di una partita a scacchi si sancisce con un'affermazione perentoria che, spesso interrompendo un silenzio quasi sacrale, accompagna l'attacco definitivo: “Scacco matto. Il Re è morto!”
Il pezzo sotto attacco viene inclinato fino a perdere l'equilibrio e cade con un sonoro “TOC” sulla scacchiera.
Per qualche frazione di secondo la mente del giocatore che subisce il verdetto tenta un appello all'ineluttabilità dei fatti, cerca una scappatoia o almeno di comprendere come sia potuta accadere quella disfatta.
Accettata la fredda realtà, la voglia di riscatto può prendere il sopravvento: “Una rivincita?”.
Se il desiderio di rimettersi in gioco è condiviso, si riorganizzano i ranghi.
Quello stesso Re dato per morto poco prima, si risolleva, risorge dopo la sconfitta e si appresta a dare ancora battaglia, così come tutti gli altri pezzi del suo esercito stilizzato.


Sono sufficienti suggestioni simili ad eleggere i pezzi che animano questi giochi quali simbolo di vita ultraterrena?
Non credo basti, c'è molto di più.

In base alla frequenza con cui compaiono i pezzi ludici tra i corredi funebri in tombe di epoca classica, possiamo dare per assodato il binomio allegorico, esistente nell'antichità, tra la figura del guerriero e tali attrezzi ed indagare oltre sulla presenza di pedine da gioco in simili contesti.
Se da un lato il ritrovamento in svariate tombe elleniche di pezzi molto elaborati favorisce l'ipotesi che si tratti di un corredo da gioco personale, che in tutta naturalezza accompagna il defunto nella tomba come molti altri oggetti d'uso quotidiano, ci sono anche esempi in cui le pedine sono rappresentate da semplici sassolini senza lavorazioni aggiuntive.
Questo secondo caso a mio avviso avvalora l'ipotesi si possa trattare di corredi simbolici dovuti a rituali mistici dei quali oggi ci sfugge il significato.
Nell'antico Egitto, per esempio, si credeva, che tra le procedure che permettevano al defunto di entrare agevolmente nell'aldilà vi fosse una partita a Senet da giocare contro un imprecisato nemico invisibile e per questo, tra gli oggetti del corredo funebre, venivano posti tutti gli oggetti utili allo svolgimento di tale evento (Libro dei morti).


Si tratta, beninteso, di giochi a tutti gli effetti, attività ludiche che accompagnavano l'esistenza degli individui, dalla giovinezza fino all'età adulta, ma la presenza di schemi di gioco rinvenuti in templi e luoghi di culto lascia presagire altri risvolti.
L'accostamento del tema del trapasso, unito alla consapevolezza che il gioco nell'antichità, era una pratica legata alle tradizionali feste invernali, come i Saturnali dei Romani che si svolgevano in prossimità del solstizio invernale, fa nascere un'altra serie di considerazioni.
In particolare la credenza che in quel periodo la cortina che separa il mondo dei vivi da quello dei morti si faccia più sottile permettendo in alcuni casi il ritorno dei defunti, viste le premesse, diviene particolare interessante.
Non si può del resto non annotare la rassomiglianza tra lo schema di gioco rappresentato sulla tavola da gioco conosciuta come “mulino” o “trea” con la figura presente sulla maggior parte dei Mandala orientali, che rappresentano quattro porte poste centralmente sui lati di un quadrato formato da un ordine di tre cinte murarie (particolare già accennato ne “Il labirinto dei giochi perduti”)
Si tratta di uno schema ricorrente in molti graffiti ed incisioni antiche, conosciuto anche col nome di “triplice cinta”.



I percorsi ortogonali che, attraverso i muri conducono alle porte esterne, orientate verso i quattro punti cardinali, rappresenterebbero i sentieri, che permettono alle anime dei mortali il passaggio al mondo ultraterreno.
Gli antichi Testi Vedici parlano di Pitŗyāna, che scorre lungo l'asse individuato dagli equinozi e Devayāna lungo l'asse dei solstizi.
Le anime dei defunti intraprendono le diverse vie in base alle caratteristiche comportamentali tenute in vita, ma possono trovare lungo il cammino la strada sbarrata o aperta a seconda della posizione in cielo dei principali astri.
Sembrerebbe pertanto che una tavola-calendario (leggi qui), in grado di identificare la posizione di tali corpi celesti e che contenesse al suo interno anche le principali tappe del cammino dei morti, potrebbe rappresentare un buon viatico per fare auspici sul futuro delle anime che stanno abbandonando la “grotta” composta dalla nostra realtà materiale (assimilabile alla caverna descritta da Platone).

Concludo questo scritto, fatto di suggestioni che stanno diventato un po' cupe con una riflessione su alcune parole con cui Virgilio descrive la discesa di Enea negli inferi (Eneide, VI, 893-896)

Due sono le porte del Sonno, di cui una si dice fatta di corno da cui
è data una facile uscita alle vere ombre: la seconda brillante fatta di
splendente avorio, ma gli spiriti mandano al cielo falsi sogni.

Molte sarebbero ancora le cose da dire a riguardo, ma mi soffermo a riflettere sul fatto che i materiali descritti, sebbene inadatti alla realizzazione di vere porte, sarebbero i più consoni ad intarsiare le caselle di una ricca tavola da gioco...

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