Il Gioco nell'antichità. Vaticini e calcoli astronomici.

Nei passati post abbiamo accennato al connubio tra alcuni aspetti ludici e le scienze esatte, la cui logica sembra utilizzare lo stesso linguaggio dei giochi così detti astratti.
Tutti i principali codici di matematica dell’antichità, infatti, approfondiscono invariabilmente temi di carattere scientifico e ludico accostandoli con una naturalezza sorprendente.
Il mondo dei giochi è da sempre affiancato a quello della matematica e la cosa si può assodare anche analizzando l’evoluzione degli strumenti utilizzati per diversi scopi che, sia per quel che riguarda le tavole da gioco che le tavole da calcolo, sono essenzialmente identici.
In epoca medievale, in molti trattati di mercatura, per esempio, si trovano abbondanti descrizioni, di tavole utilizzate per eseguire diversi computi, suddivise in caselle numerate ed organizzate in modo differente a seconda dei calcoli da fare, tavole sulle quali si muovevano diversi quarteruoli (pezzi simili a pedine) le cui regole di movimento sul reticolo, dipendevano dalla funzione o dal calcolo da eseguire.
Queste tavole che venivano utilizzate come una sorta di complesso pallottoliere, permettevano di compiere meccanicamente anche calcoli molto articolati.

Una riproduzione della tavola da calcolo descritta nei trattati di mercatura di Francesco Pegolotti.
Margarete Riemschneider, nel suo libro” Riti e Giochi nel Mondo Antico”, afferma che lo stesso tipo di tavole potevano essere utilizzate per eseguire calcoli astronomici, permettendo simultaneamente di valutare spostamenti e movimenti di differenti astri e della volta celeste.
Grazie a queste particolari tavole si poterono verificare e calcolare cicli astronomici piuttosto lunghi o articolati con precisione sorprendente.
Così si è data nuova forma alle tavole da calcolo e da gioco: i calendari.

Un'interpretazionedel gioco delle tavole con l'astronomia descritto da Alfonso X ne "Il libro de los Juegos".
Del resto il legame assodato tra gioco e logica matematica è abbastanza conosciuto e dibattuto anche ai giorni nostri, ma una cosa che lascia in un primo momento assolutamente esterrefatti nell’approcciarsi allo studio dei giochi da tavolo dell’antichità è la loro relazione col mondo spirituale e con una dimensione trascendente dell’esistenza.
Il modo più facile per iniziare a metabolizzare questo concetto tanto lontano dalla visione moderna inerente l'attività ludica è quello di immaginare il primo uomo che, tracciando come abbiamo visto (leggi qui), segni sulla sabbia concepisce un gioco astratto e si abbandona a ragionamenti seguendo la sequenza di regole da lui stesso inventate.
Egli, man mano che si inoltra nel gioco, subisce un effetto di estraneazione che lo porta gradualmente, quasi senza che se ne accorga, a distaccarsi dagli affanni del quotidiano: il tempo scorre tra l’inizio e la fine che costituiscono i limiti scanditi dalla sequenza di regole e la sua stessa mente concentrata con dedizione alla soluzione del gioco perde il contatto con tutto il resto.
Quando si desta, a gioco terminato, è sorpreso dalla “magia” e da quel senso di tensione e di gioia, descritta da Huizinga, caratteristiche della sospensione temporale appena vissuta.
Quell’esperienza estetica viene quindi catalogata tra le “arti magiche” in quanto, come la musica o il teatro, sembra essere in grado di trasportare la nostra mente lontano dalle troppo spesso grette esperienze del quotidiano.
In questo caso è proprio la presenza di limiti temporali e spaziali ben precisi, in cui si dipana il gioco lungo un percorso, contraddistinto dal termine inglese PLAY che accomuna tutte le discipline appena citate, a permettere questo processo di estraneazione.

Le testimonianze storiche dell’importanza che veniva data a questa caratteristica del gioco,ed alla sua capacità di “animo relaxare” nelle varie epoche sono innumerevoli (leggi qui).

Del resto, i primi utilizzi come calendari di tavole di questo tipo permettevano di calcolare i tempi astronomici utili alle attività umane: la semina, il raccolto, lo stoccaggio delle materie prime etc.
Attraverso l'intervento degli esperti nel loro utilizzo permettevano quindi di regolare l'anno agricolo al preciso calendario che rappresentava il movimento degli astri in cielo.

Un antico modello di calendario indoeuropeo, molto arcaico ed impreciso, si prefiggeva di rifasare l'anno solare e quello lunare e prevedeva la suddivisone del ciclo annuale in dodici mesi lunari ai quali si sommavano, nel periodo del solstizio invernale, dodici giorni supplementari, una sorta di tempo sospeso, periodo “magico” nel quale diveniva possibile trarre gli auspici per l'anno venturo.

Una tavola da gioco conosciuta in epoca medievale come Talola reale".
A ben vedere questa visione sembra ben rappresentata sulla tavola reale che è composta da quattro comparti (come le quattro stagioni, non a caso in epoca medievale esistono varianti di gioco che fanno riferimento tanto alle stagioni, quanto all'astronomia) ed è suddivisa da dodici frecce chiare alternate a dodici scure.
Ogni coppia di tali frecce, quindi, potrebbe essere usata per rappresentare un mese lunare, suddiviso in luna piena (freccia chiara) e luna nuova (freccia scura).
Durante il periodo del tempo sospeso, i dodici giorni supplementari e magici, le frecce verrebbero a rappresentare, invece, i giorni e le notti, nelle quali secondo antiche tradizioni, si traggono gli auspici per i rispettivi mesi futuri.

Questo tempo incantato, come già detto, cadeva nel periodo invernale tradizionalmente impiegato, sia nell'antichità che in tempi moderni, alle attività ludiche e alla consultazione di oroscopi, previsioni e vaticini per l'anno a venire.


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