Scuri da squadro a confronto: Breitbeil vs Dolaora

Breitbeil è il nome generico con cui sono conosciute in lingua tedesca le scuri da squadro.
Il significato della parola “scure larga” trova corrispondenza nel termine anglo-sassone “broad axe” col quale vengono spesso designati simili attrezzi.
Dopo aver analizzato (leggi qui) le caratteristiche che accomunano questi affascinanti strumenti (mi concederete di poter affermare che l'appeal di una scure è maggiore rispetto a quello che può avere una pialla), iniziamo un percorso che analizza le varie differenze strutturali esistenti tra tipologie appartenenti a tradizioni diverse.
Oggi metterò a confronto, quindi, la classica scure da squadro di origine austriaco – tedesca con quella di tradizione italiana, che, come ho scoperto da poco, era denominata anche Dolaora.
Da questo “derby” tutto europeo restano escluse per il momento le Doloire francesi delle quali, non avendo esperienze dirette, non posso dire molto, se non ripetere concetti palesi che chiunque può verificare in proprio con una semplice ricerca in rete.
Stiamo parlando quindi di strumenti atti allo stesso scopo, ma appartenenti a tradizioni territoriali differenti; si tratta di prototipi base che spesso possono aver ispirato fabbri ed artigiani a sperimentare diversi possibili connubi, nel difficile tentativo di generare utensili che, unendo i pregi di entrambe le tipologie, fossero in grado di superare le prestazioni offerte dagli originali di riferimento.
Ecco quindi i nostri contendenti:

Alcune scuri a confronto: sulla sinistra due esemplari di breitbeil austriache, a destra una dolaora italiana.
Come si può intuire l'aggettivo “larga” che designa queste lame si riferisce alla lunghezza del filo: la testa di entrambi gli attrezzi infatti è conformata in modo da presentare una lunghezza del tagliente considerevole, unendo la possibilità grazie ad un'apposita “insenatura” di impugnare il manico in posizione molto avanzata, praticamente dietro al filo stesso della lama.
Se la lunghezza del manico permette comunque una buona leva, che consente di sferrare colpi di moderata intensità, questa particolarità dà maggior controllo, tanto da concedere la possibilità di lavorare virtualmente senza slancio d'inerzia, solo col movimento del polso.
A detta di molti la forma triangolare delle teste tedesche (a sinistra nella foto) le rende esteticamente più aggressive ed accattivanti... forse la pensavo così anch'io tempo fa, poi mi sono ravveduto, un po' per campanilismo italico, un po' per la maggior rarità degli esemplari nostrani, un po' perché sedotto dalla loro maneggevolezza.
Al primo impatto, infatti la dolaora sorprende per la sua leggerezza quasi imbarazzante, la larga superficie rettangolare della lama si estende mantenendo uno spessore costante, fatta eccezione per l'occhio di immanicatura ed una costolatura di rinforzo, parallela al tagliente.
E che si tratta di uno strano giocattolo lo proclama anche l'occhio che consente il fissaggio del manico in legno che è di sezione trapezoidale!

Questa immagine permette di confrontare gli spessori del metallo forgiato di alcune scuri. A sinistra una breitbeil ed a destra una dolaora, si può notare l'occhio del manico di forma trapezoidale e la dimensione ridotta del metallo che lo forma.

Ad aumentare la seduttività delle colleghe tedesche, sull'altro versante, contribuisce sicuramente la linea del filo della lama, il cui bisello disegna un leggero ed armonioso arco che converge verso la punta affilata.
La forma della loro lama così particolare le ha spesso fatte abbinare al termine goosewing (ala d'oca) anche se erroneamente in quanto la vera scure goosewing ha una forma molto più sbilanciata in avanti e la lunghezza del filo si sviluppa tutta oltre al punto di presa più avanzato.
La forma apparentemente più monotona della leggera lama rettangolare italiana, nasconde però una seconda faccia: basta infatti ruotarla e guardarne il profilo per apprezzarne il concetto costruttivo tridimensionale.
Mentre il profilo delle scuri tedesche è adagiato su un piano perfetto, la loro collega italiana, apparentemente piatta e priva di attrattiva, si sviluppa infatti in leggera profondità grazie ad una curva mantenuta in posizione dalla costolatura di rinforzo di cui ho parlato poc'anzi.

La vista frontale della lama di una dolaora permette di apprezzare la lieve curvatura che le è stata data.
Si tratta di un particolare essenziale perché quando il filo lavora, per meglio staccare i trucioli mantenendo il controllo sulla distanza di fenditura, le due estremità della lama devono sempre risultare libere (non immerse nel legno che si sta asportando).
Questo succede in entrambi i casi.


L'ombra proiettata dalla luce radente su una superfice piana permette di apprezzare le curve di lavoro dei due utensili.

Il filo del tagliente sulle lame straniere, però, è formato da un bisello di forma convessa e la sua affilatura risulta pertanto un'operazione abbastanza semplice, mentre sulla lama italiana il bisello è concavo e mantenerlo affilato richiede sicuramente qualche precauzione in più.
Per meglio operare in fase di molatura in questo caso occorre rimuovere l'ingombro del manico, come si suol fare con le asce, e da qui deriva la particolare immanicatura con occhio trapezoidale e cuneo removibile.
La lama della dolaora inoltre si arricchisce, rinunciando ad ogni pretesa di aggressività estetica, di una graziosa bombatura sulla parte sommitale, particolare che garantisce un ulteriore punto di presa, come fosse il corno di una pialla, permettendo di dedicarsi all'occorrenza anche a lavori di maggior precisione.

Penso di aver concluso questa veolce disamina delle differenze più distintive delle due scuri contendenti...  voi, da che parte state?

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