Le segherie medievali e le possibili ripercussioni sullo sviluppo di metodi di lavoro e stili differenti
Tra le cause più
evidenti che determinarono il progressivo abbandono di scuri ed asce,
come attrezzi professionali nelle botteghe di falegnameria d'un
tempo, ci fu sicuramente il ricorso all'azione di segherie
idrauliche, nate per velocizzare la produzione di tavolame.
Tali impianti
infatti, facilitarono, il reperimento di semilavorati, sollevando i
marangoni del tempo dal faticoso compito di operare sulla materia
prima partendo da tronchi interi.
In mancanza di
questa importante innovazione era possibile ottenere le tavole di
legno operando per fendibilità oppure segandole a mano con apposite
lame dentate montate su grandi telai.
Fenditura di tronchi attraverso l'uso di scuri e cunei |
L'operazione con le
seghe manuali era lenta e faticosa, ma permetteva un utile risparmio
del prezioso materiale d'opera, la cui reperibilità nelle quantità
necessarie non era scontata, visto il grande consumo caratteristico
delle epoche passate.
Lavorare per
fendibilità, al contrario, era un'operazione più veloce e meno
frustrante, ma lo spreco di materiale, ridotto in schegge e trucioli
non più utilizzabili, risultava spesso insostenibile.
Riuscire a segare le
tavole grazie all'energia idraulica, dunque, fu la migliore risposta
alle necessità di allora, ma ci volle tempo e diverse innovazioni
prima che gli impianti di segagione risultassero veramente
produttivi.
Far muovere
alternativamente una lama di sega, utilizzando la propulsione di una
ruota azionata dal flusso delle acque, non era certo un problema dal
punto di vista meccanico.
Lo si fece
ricorrendo a diversi espedienti, quali alberi rotanti dotati di parti
eccentriche (camme) che operavano su telai, bilanciati con rami
flessibili, o sistemi di biella e manovella.
La difficoltà,
all'epoca, fu quella di ideare un sistema efficace per l'avanzamento
dei tronchi verso la lama in azione.
I meccanismi che
permettevano questo movimento risultavano essere, a mio avviso, la
parte veramente distintiva delle varie tipologie d'impianti e della
loro evoluzione.
Sembrerebbe che,
anche se ci giungono testimonianze di diversi altri tipi di segheria
di epoca medievale, solo dopo l'introduzione del sistema detto “alla
veneziana” si registra nel nord d'Italia un rilevante
incremento nell'uso di segherie.
Gli impianti alla
veneziana facevano uso di un sistema di biella a manovella per il
movimento della lama e di una serie di leve che azionavano una ruota,
spingendo in avanti il tronco nell'esatto momento in cui i denti
della lama andavano ad aggredire il materiale.
Il complesso
risultava così preciso e funzionale che questa tipologia di seghe
venne pienamente utilizzata fino all'avvento dell'energia elettrica,
ed oltre, in alcuni casi.
L'intero meccanismo,
in origine, veniva azionato, però, da una ruota idraulica di piccole
dimensioni che era posta, lungo il corso d'acqua, sotto all'impianto
stesso.
Questo particolare
condizionava pesantemente il funzionamento di simili strutture che
per procedere necessitavano di un flusso d'acqua abbastanza
importante da sviluppare la potenza necessaria a muoverne i
meccanismi, ma anche così veloce da garantire la produttività della
segheria.
Nel territori del
nord, quindi, lungo i fiumi che dalle Alpi scendevano verso la
Pianura Padana, questa tipologia di segheria non poteva essere
edificata troppo a valle dove i fiumi, trovando ormai poca pendenza,
scorrevano lenti e pacifici verso il mare, ne' potevano sorgere
troppo vicine alla sorgente, laddove la portata del corso d'acqua era
ancora insufficiente a produrre l'energia necessaria a far lavorare
l'impianto.
Questo è un punto
fondamentale per il proseguo dei ragionamenti; va detto, però, che
le segherie in questione debbono considerarsi null'altro che un
ingranaggio posto nel mezzo di un eccezionale meccanismo di
distribuzione perfezionato nel tempo.
L'intera filiera,
infatti, era organizzata in modo preciso per riuscire a soddisfare
l'enorme fabbisogno di legno della pianura più densamente popolata
dell'Europa medievale.
Gli alberi venivano
prelevati nei boschi di montagna dove il clima più rigido li aveva
dotati, grazie ad una crescita lenta, di caratteristiche strutturali
migliori.
L'abbattimento
veniva fatto in inverno, quando le piante, in stasi vegetativa,
avevano minori quantità di linfa in circolo, questo garantiva
miglior legno da costruzione.
La stagione fredda
inoltre permetteva di semplificare le operazioni di sfrondamento,
grazie all'assenza di fogliame e favoriva l'esbosco dei tronchi che
potevano scivolare meglio sul duro terreno ghiacciato.
I tronchi venivano
quindi accatastati lungo i fiumi in attesa del disgelo che avrebbe
portato le eccezionali ondate di piena necessarie a far loro iniziare
il viaggio di fluitazione.
Queste ondate di
piena venivano anticipate dalla sensibilità degli addetti ai lavori
che ne percepivano a “fior di pelle” l'avvento grazie alla
loro esperienza, “fiutando l'aria” per poter organizzare
le varie attività di conseguenza.
Prima che il
risveglio primaverile minacciasse i fusti con il brulicare di troppi
parassiti, quindi, il legno doveva salpare; durante il viaggio,
costantemente immerso nell'acqua, avrebbe dilavato le proprie fibre
dalla linfa, favorendo una migliore essiccazione futura.
I tronchi
viaggiavano singolarmente per la prima parte del tragitto nella quale
i torrenti non permettevano un navigazione organizzata in zattere;
venivano successivamente raccolti e preparati in convogli
galleggianti.
Le segherie
entravano in gioco in questa fase, permettendo di tagliare i tronchi
in tavole che venivano accatastate sulle zattere, prima di proseguire
il loro cammino scivolando sempre più in giù verso i porti delle
città di pianura.
Va da sé che la
distribuzione avvenisse, in discesa, a senso unico, e che, in tutti
territori a monte della più alta segheria di una data via fluviale,
il legno continuasse ad essere commerciato in tronchi, mentre a valle
dell'ultima segheria gli unici tronchi disponibili fossero quelli
destinati a rimanere tali (per lavori particolari quali travature o
pennoni etc).
Fatta eccezione per
le maestranze che usavano questo legno massiccio, lavorandolo lungo
le fibre (carpentieri edili e navali, carrai etc), i falegnami nelle
città in cui era finalmente disponibile una grande quantità di
tavole, perfette, di spessore costante e calibrato, finirono per
adattare il loro lavoro a questa circostanza.
Si garantirono
quindi la possibilità, coi propri attrezzi, di intervenire sui
difetti sistematici delle tavole, eliminandone imbarcamento e piccole
asperità grazie all'azione di pialle e sbozzini e relegando le scuri
e le asce a lavori sempre più marginali.
La deformazione sistematica cui sono soggette le tavole tagliate tangenzialmente |
Al contrario in alta
montagna si continuò ad eseguire i lavori partendo dalla materia
prima nella sua forma primitiva, utilizzando quindi scuri ed asce per
tutti i lavori di trasformazione del legno.
Io credo che lo
sviluppo di un nuovo stile non sia solamente conseguenza del mutare
astratto di gusti e ragionamenti concettuali, ma nasca anche come
espressione di tecnologie ed attrezzature che ogni nuova epoca mette
a disposizione all'uomo.
Lo spaccato di un tardo armadio in stile rinascimentale rende l'idea di come questa tecnica costruttiva detta "a fodrine" faccia largo uso di tavole dallo spessore regolare e calibrato |
Forse non è
direttamente dimostrabile la correlazione tra la facile reperibilità
di semilavorati ottenuti grazie alle segherie e lo sviluppo di quegli
stili che si allontanarono dagli schemi romanici e gotici.
Si può forse,
tuttavia, trovare una relazione tra quanto appeno descritto ed il
fenomeno detto “stile in
ritardo” che ha portato l'artigianato tradizionale
dell'arco alpino a produrre opere in uno stile accostabile al gotico
internazionale fino al Milleottocento inoltrato.
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