Pialluzza Veneta
Si tratta di un tipo di pialla
tradizionale che morfologicamente sembra preservare molti tratti
comuni con i modelli originali di epoca romana da cui si è evoluta
(leggi qui).
Tali strumenti del periodo
classico (quelli giunti fino a noi, almeno) sono accomunati dalla
caratteristica di avere alcune parti di metallo poste a rinforzo del
ceppo e fissate tramite borchie.
In pratica risulta essere
metallica la suola, a contatto col legno in lavorazione, più
svariati elementi aventi scopi di consolidamento.
Il rinforzo fornito dal
metallo in quel punto aveva funzioni pratiche, essendo il materiale
liscio e duro, resistente tanto all'usura quanto a deformazioni.
Questo aspetto poteva avere
però dei risvolti negativi rendendo gli strumenti troppo
“sofisticati” e complessi: per realizzarli occorrevano
probabilmente un gran numero di competenze specifiche.
Alcuni autori sono
dell'opinione che, all'epoca, potessero esistere anche esempi più
semplici con ceppi fatti completamente di legno.
Questa tesi sarebbe supportata dal rinvenimento di diverse lame prive di ceppo; tali reperti potrebbero avere, del resto, molte altre spiegazioni.
In particolare, la presenza
nell'antichità di pialle eseguite integralmente in legno, ad
esclusione del ferro del tagliente, confermerebbe l'utilizzo di
simili attrezzi in modo molto più versatile.
Essi fornivano, infatti, la
possibilità di essere realizzati e modificati, in base a diverse
esigenze lavorative, senza troppe difficoltà, dai falegnami stessi
che li avrebbero posti in uso.
Alcuni esempi di pialle di
tradizione veneta.
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Comunque sia, la pialla
tradizionale veneta, presenta molti tratti comuni con gli utensili
più arcaici, avendo, come molti di loro, una particolare impugnatura orizzontale ricavata
nella parte anteriore del ferro.
Questo manico è ottenuto
attraverso un foro longilineo che attraversa da lato a lato il ceppo
e un assottigliamento della parte superiore del ceppo, delineata
dall'asola orizzontale, che viene a fornire un punto di presa
efficace.
Infatti un'impugnatura di
questo tipo rende possibile esercitare un'adeguata pressione sulla
parte anteriore della pialla, laddove l'aderenza al legno in
lavorazione è più funzionale.
L'attrezzo sembrerebbe
predisposto per lavorare in trazione attraverso movimenti che lo
avvicinano al corpo dell'artigiano, piuttosto del contrario.
Questa indicazione sembrerebbe
ravvisabile anche nel quadro del 1575 “La costruzione dell'Arca”
di Jacopo da Ponte (detto anche Jacopo Bassano) dove si vede una
persona intenta nella piallatura con questo arnese, mentre diversi
altri esemplari sono raffigurati ammucchiati caoticamente a terra
(con un'incuria da brividi).
Particolare de “La
costruzione dell'arca” di Jocopo da Ponte (1575).
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Esistono diversi quadri dello
stesso autore in cui si possono vedere attrezzi
ammassati a terra in questo modo: si tratta indubbiamente di una
scelta stilistica piuttosto che di una testimonianza di situazioni
reali.
All'atto pratico,
in effetti, questo genere di attrezzi risulta funzionale anche se adoperato a
spinta, come la maggior parte delle pialle occidentali odierne.
Piallatura a spingere con una
ricostruzione di pialla ispirata al dipinto attribuito a Jacobello
del Fiore (1400 – 1439)
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Un'altra bella raffigurazione
di una pialla simile la si può trovare su una delle due piccole
tavole in legno, attribuite a Jacobello del Fiore (o al suo ambito), databili al
1400/1439 attualmente esposte al museo civico di Bassano.
Si tratta di un'importante
testimonianza degli attrezzi in uso dai falegnami nei primi decenni
del XV secolo essendo, con tutta probabilità, parti di un cassone, o
frontale ligneo, utilizzato nelle adunanze della Confraternita della
città.
A dimostrazione della
continuità nell'uso di simili attrezzi nel tempo concorrono molti
esempi di fattura “moderna”, reperibili sul mercato
d'antiquariato ed esemplari presenti in cataloghi di attrezzi di
falegnameria di inizio '900.
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