4°- Introduzione alla falegnameria tradizionale. Attrezzi particolari: le pialle

L'usanza di saldare un acciaio più duro ad una base di acciaio più duttile ampiamente utilizzata già in epoca romana (di cui ho parlato qui), nasceva per motivi di praticità rispetto alla forgiatura di grandi quantità di materiale ed era praticata anche sui “ferri” delle pialle.
Nel caso delle pialle inoltre occorre considerare che si tratta di utensili appositamente pensati per garantire maggior controllo sulla distanza di fenditura “d”, analizzata nei due esempi illustrati dal post iniziale dedicato a questi temi (leggi qui).

Denominazione delle varie parti che compongono una pialla
Se le pialle ad una occhiata superficiale, infatti, possono sembrare null'altro che delle lame taglienti inserite di traverso in supporti tradizionalmente realizzati in legno, esse sono molto più complesse.
La pialla è formata da un corpo detto ceppo nel quale viene realizzata una feritoia, che consente di fissare, alla profondità voluta, una lama tagliente detta ferro.
Il funzionamento, però, non è semplicemente dovuto all'azione della suola che guida il ferro in un tragitto rettilineo, impedendone eventuali oscillazioni, lungo la superficie da lavorare, ma esistono altri processi, alla base della meccanica che l'attrezzo mette in atto.
 
Trucioli di pialla in cui è possibile notare il susseguirsi di piccole fratture trasversali
Durante l'operazione di sollevamento del truciolo, esso viene spezzato grazie all'azione del ferro che, dopo averlo staccata col filo del tagliente, lo spinge col proprio dorso in avanti, comprimendolo verso l'interno della bocca il cui spigolo funge, in questo caso, da limitatore di truciolo.
Lo spezzettamento della venatura lignea che compone il truciolo è essenziale nell'utilizzo dell'utensile, perché limita la continuità della fibra asportata, consentendo lungo il movimento di avanzamento dell'attrezzo, un costante “riposizionamento” della lama, per aumentare il controllo dell'azione dell'artigiano.

Schema raffigurante l'azione della pialla volta a diminuire la distanza di fenditura

Per questo motivo, per il corretto utilizzo della pialla, la bocca deve avere un profilo anteriore netto e ben delineato; questo spigolo di pressione, per quanto soggetto ad usura deve sempre essere vivo, e il posizionamento del ferro deve avere una profondità proporzionale alla larghezza della fessura stessa.
Vedendo schematicamente l'azione di una pialla rappresentata in sezione, del resto, risulta evidente come la pressione stessa della suola finisca per comprimere la porzione di legno anteriore alla lama, permettendo di limitare il propagarsi di fenditure troppo lunghe.

Due ritrovamenti di pialle di epoca romana

La prima traccia effettiva della presenza di pialle, in Europa, risale al primo secolo, ed è costituita da ritrovamenti nella città di Pompei sepolta dalla lava nell'eruzione vesuviana del 79 d. C.
In effetti esistono diversi ritrovamenti di pialle di epoca romana che attestano l'utilizzo storico di questo genere di attrezzi: secondo alcuni studiosi esse potevano essere realizzate anche con il ceppo completamente di legno, anche se prevalgono riscontri di attrezzi fatti in legno e metallo, con piastre in bronzo poste a rinforzo della suola (espediente utilissimo a rinforzare lo spigolo di pressione della bocca) e fissate al legno tramite borchie.
Il più completo degli esemplari giunti fino a noi (che prende il nome dalla località dove è stato rinvenuto nel 2000: Goodmanham nello Yorkshire) misura 33 cm di lunghezza ed ha una lama posta in sede con un angolo d'incidenza di 65 gradi.
Esso è databile dal II al IV secolo d.C. e, sebbene il particolare corpo realizzato in avorio lo renda piuttosto particolare e faccia pensare ad un proprietario agiato, per le sue particolarità tecniche, risulta del tutto conforme ai canoni della maggior parte delle pialle romane rinvenute.
Si tratta di caratteristiche che fanno ipotizzare ad un uso prevalente per scopi di rifinitura su legni abbastanza duri.

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