3°- Introduzione alla falegnameria tradizionale. Materiale che compone l'utensile e tecniche di affilatura.

Una seconda variabile che permette il controllo della propria azione durante la lavorazione manuale del legno (leggi qui la premessa) è data dall'affilatura dell'utensile che deve essere quanto più precisa possibile.
Risulta importante, da questo punto di vista, sia il materiale che compone la lama che la tecnica usata per affilare.
La molatura non deve essere considerata una pratica di manutenzione straordinaria nei confronti dei taglienti, ma è, al contrario, un'operazione fondamentale che deve potersi svolgere ripetutamente durante il periodo di utilizzo dei vari arnesi, il cui filo, per quanto resistente, tende a perdere d'efficacia, usurandosi con una certa frequenza durante l'uso.
Per arrotare si usano pietre con grana diversificata in base al grado precisione che ci si aspetta dall'utensile in questione.
I blocchetti appositamente realizzati per questo scopo necessitano di essere lubrificati, non tanto per scopi di raffreddamento, quanto piuttosto per evitare che la sottile limatura di metallo, prodotta per sfregamento, finisca per depositarsi nelle porosità della pietra, facendo perdere d'efficacia la superficie levigante.

Operazione di affilatura di una testa di scure
Come lubrificante si può usare sia olio che acqua a seconda del tipo di pietra che si utilizza.
Bastano poche gocce poste sulla superficie piana di pietra sulla quale si andrà a strofinare ripetutamente, con l'inclinazione voluta, la lama da affilare.
Dopo l'uso la pietra va ripulita e conservata in modo da preservarne le superfici da polvere ed impurità.
In base a quanto riportato in inventari dei possedimenti dei falegnami del XV secolo, "lapis ab oleo" o "lapidibus ab oleo" erano già utilizzate nelle botteghe di maestranze dell'epoca.

La qualità del metallo di cui è fatta la lama dell'attrezzo, del resto, non è solo indispensabile a ridurre l'usura del filo (diminuendo così la frequenza con cui si rende necessario ri-affilare), ma concorre, come già accennato, alla precisione del filo ottenibile con la molatura.

La storia della falegnameria è composta da piccole innovazioni adattive, tese a migliorare o ricombinare pratiche già conosciute e, se risulta evidente che vi furono interazioni tra diverse culture, queste sembrerebbero limitate a quelle poche novità tecnologiche veramente rivoluzionarie, tali da portare mutamenti radicali rispetto alle prassi del passato.
La tecnica di lavorazione dei metalli che compongono gli arnesi è una di queste. 
Essa ebbe evidentemente un'importanza tale da farla godere di ampia divulgazione dato il grande vantaggio che si poteva ottenere da attrezzi meno soggetti ad usura e capaci di lavorazioni più precise.

In base alle analisi compiute su alcuni reperti storici utilizzati diversi secoli prima dell'avvento di Cristo, risulta evidente che già all'epoca, in Italia centrale, per quel che riguarda utensili da taglio o lame utilizzate per scopi bellici, si usasse riportare sul filo dell'acciaio più ricco di carbonio.
Possiamo quindi desumere che in epoca medievale la tecnica raffigurata che permette di fissare per bollitura un acciaio “migliore”, forgiato in fucina, fosse già diffusa su tutto il territorio europeo.

La tecnica utilizzata per la realizzazione di una testa di scure. Il materiale grezza (in A) viene schiacciato fino ad ottenere una sottile lemina simmetrica della forma desiderata (B). La lamina viene successivamente piegata a metà e viene aggiunto l'acciao che compone il filo (C), il tutto viene poi saldato per bolltura per ottenere l'attrezzo finito (in D)

Questa tecnica permetteva un notevole risparmio energetico, richiedendo lunghi processi di lavorazione in forgia solo per una piccola quantità di materiale rispetto a quello che compone l'intero utensile e dava anche la garanzia di realizzare lame meno fragili, dato che l'alta percentuale di carbonio, che rende l'acciaio più rigido e meno flessibile, si focalizzava solo sul filo dell'utensile.
I diversi passaggi di lavorazione che permettevano di assemblare teste di scuri, asce o accette si può vedere rappresentata in figura.

A parte l'usanza di riportare un piccolo incudine sulla nuca dell'utensile, introdotta dal 1700 in poi, questa tecnica di lavorazione è rimasta invariata per diversi secoli e viene utilizzata ancora oggi.

La lama di una scure in cui si possono vedere i segni di saldatura della lamina ripiegata e della saldatura di attacco dell'incudine sulla nuca.

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