1°- Introduzione alla falegnameria tradizionale. Il controllo sulla distanza di fenditura.
Spesso si è portati a pensare che per far fronte a particolari
lavorazioni del legno occorrano macchine speciali o attrezzi costosi.
Non sempre però è questa la soluzione più idonea se si vogliono
ripercorrere le fasi di lavoro, affrontandole come si faceva un
tempo.
Per fortuna, oltre alla documentazione pervenutaci possiamo contare
su svariati fattori di continuità che ci permettono di capire quali
fossero le prassi del passato: la struttura del corpo umano con leve
articolari e capacità sostanzialmente identiche nel tempo, l'azione
meccanica degli utensili che obbediscono a precise leggi fisiche e la
risposta del materiale, il legno, che a parità di specie e
provenienza presenta caratteristiche tecniche invariate nel tempo.
Queste nozioni, anzi, risultano essere elementi basilari necessari
all'analisi e alla interpretazione di molte fonti storiche.
Quindi per quel che riguarda gli aspetti fisico meccanici possiamo
analizzare preliminarmente questi due casi.
Nel primo esempio un attrezzo cuneiforme, spinto da una forza “F”
fende il materiale grazie ad una divaricazione esercitata da due
punti di contatto sui dorsi del cuneo stesso.
Tale azione crea una distanza di fenditura “d” che causa una
perdita di controllo sull'azione dell'utensile e produce una
superficie scabra, rugosa ed imperfetta.
Nel secondo caso lo stesso attrezzo cuneiforme, lavora per staccare
una sezione minore di materiale con il dente, utilizzando un
particolare angolo di lavoro (dato dalla somma dell'angolo di cuneo α
e dell'angolo libero β)
che permette al dorso posteriore della lama di rimanere
sollevata dalla superficie di lavoro.
In questo caso il “petto”
della lama, avanzando, produce
un unico punto di contatto,
sollevando
un truciolo e la distanza di fenditura che deriva
da tale operazione
risulta
talmente
ridotta da potersi
considerare nulla.
La superficie lavorata dalla
tecnica che produce ampie fenditure risulta grezza e caratterizzata
da solchi che si producono gradualmente, man mano che il cuneo
avanza, diventando sempre più profondi e scabri.
Utilizzando lo stesso attrezzo,
con l'accortezza di staccare parti più sottili, e usando la
giusta inclinazione, si produrrà un truciolo che tende ad
arricciarsi permettendo l'avanzare della lama, ottenendo così una
superficie molto più pulita e netta.
In questo caso una volta
individuata la direzione di lavoro che permette un più facile
distaccamento delle fibre in base all'inclinazione della superficie
rispetto alle fibre del legno, sarà utile, per avere più controllo
sull'azione dell'utensile, lavorare a ritroso, partendo dal fondo per
risalire gradualmente.
Ingrandendo virtualmente la zona
di sollevamento del truciolo nel secondo caso del disegno in alto, si
arriverebbe ad un punto in cui la cuspide dell'affilatura del cuneo
viene meno finendo per riproporre l'aspetto del primo esempio: due
punti di contatto che separano le fibre producendo una seppur minima
distanza di fenditura.
Risulta evidente in effetti che
le due azioni rappresentano succintamente due “operazioni ideali”;
nelle realtà dei fatti non si ha fenditura senza intaglio ne',
viceversa, intaglio senza fenditura.
Queste due situazioni
rappresentano tuttavia gli estremi entro i quali l'artigiano deve
sapersi destreggiare per gestire la sua azione.
Credo che l'evoluzione
delle tecniche di falegnameria dal neolitico ai giorni nostri, in
fondo, in
modo più o meno consapevole, non sia
stata altro che un
susseguirsi
di espedienti sviluppati e
pensati per aumentare il
controllo sulla distanza di fenditura.
Vediamo quindi nel dettaglio
quali possono essere questi espedienti :
Ognuno di questi argomenti è stato
trattato separatamente in altrettanti post, per leggerli basta cliccare sul tema che si vuole approfondire.
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