5°- Introduzione alla falegnameria tradizionale. Forma della lama e prassi di lavoro.
Nell'ultimo post
dedicato all'argomento (leggi qui) si è parlato di attrezzi adatti
alla rifinitura di superfici.
Per capire meglio
cosa si intenda con questa azione di ritocco ed andare avanti con
l'analisi delle tecniche di controllo sulla distanza di fenditura
occorre iniziare a ragionare tridimensionalmente.
Lo schema
bidimensionale raffigurante i taglienti in azione che abbiamo visto
nel post iniziale dedicato all'argomento (qui), infatti, non tiene
conto degli aspetti derivanti dalla profondità e della conseguente
larghezza del legno in lavorazione.
Se il pezzo risulta
più stretto della lama che agisce sul legno tutto si svolge come
negli esempi ideali bidimensionali già visti.
Quando viceversa il
legno in lavorazione è più largo rispetto al filo della lama in uso,
nascono delle criticità dovute alla continuità del materiale fuori
dagli estremi dell'utensile che non permettono un corretto (e
controllato) distaccamento del truciolo.
Nel primo esempio si ha un compiuto distaccamento di materiale, nel secondo le linee rosse rappresentano le criticità che produrranno perdita di controllo sull'azione dell'utensile. |
Per questo motivo si
iniziò a ricorrere ad attrezzi caratterizzati dal tagliente curvo
che permettevano il distacco compiuto di porzioni di legno, in modo
netto e preciso.
Si otteneva così
una superficie sbozzata, delineata in modo non uniforme che
permetteva però ad un utensile con lama dritta di pareggiare le
asperità lavorando a cavallo delle sfaccettature, staccando
compiutamente trucioli senza problemi.
La tecnica che
prevede l'utilizzo accoppiato di questi due utensili, uno col filo
curvo e l'altro col filo dritto (o con la medesima forma che si vuol
far assumere alla superficie in lavorazione) è basilare.
Spesso le superfici
non in vista dei manufatti così eseguiti risultano meno rifinite o
lasciate appena abbozzate ed in molti casi, quindi, vi si possono
leggere come segni distintivi le impronte lasciate dagli utensili
utilizzati per i vari interventi.
La lettura di questi
segni può risultare fondamentale per dedurre il tipo di lavoro che
il materiale ha subito.
In particolare
risulta utile tenere presente che le lame curve possono essere di due
tipi: possono avere la curvatura del filo posta su una superficie
piana parallela all'asse principale dell'utensile oppure possono
averlo curvato lungo una superficie ortogonale all'asse
dell'utensile.
Esempi di curvatura realizzata sul piano dell'asse dell'utensile o su quello perpendicolare all'asse. |
Nel primo caso è
proprio l'angolo di lavoro e l'inclinazione della lama messa
all'opera che garantiscono che le estremità del filo del tagliente
risultino sempre affioranti dalla superficie del legno permettendo un
compiuto distacco dei trucioli.
In entrambi i casi,
lo strumento va accompagnato nel suo movimento, con un andamento che
garantisca lo scorrimento omogeneo del filo senza produzione di leve
che genererebbero distanza di fenditura e conseguente perdita di
controllo sull'azione della lama.
Le due tipologie di
attrezzi conseguentemente lavoreranno giocoforza con due movimenti
completamente differenti, lasciando traccia di questo scorrimento sul
legno.
Superfici lavorate con attrezzi differenti. Di seguito la descrizione. |
Nell'immagine si
possono vedere alcune superfici realizzate con attrezzi differenti.
Nel primo caso si
distinguono i segni lasciati da una sega a movimenti verticali
alternati, che lascia solchi compatibili con quelli delle segherie
idrauliche del XV secolo.
Nel secondo caso si
possono vedere le incisioni continue lasciate da uno sbozzino, una
sorta di pialla che lavora un po' in profondità grazie ad una lama
dal profilo curvo.
Nel terzo caso i
solchi, più intervallati e meno continui sono quelli prodotti da una
sgorbia con lama curva.
Nel quarto caso
abbiamo i segni lasciati da una scure da squadro, con lavoro eseguito
lungo vena e traverso vena.
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