Ipotesi ricostruttiva di uno scudo longobardo
Dopo aver visto come scegliere
il legno adatto alla realizzazione di uno scudo (leggi qui) vorrei
affrontare altre considerazioni ed ipotesi relative alla sua
esecuzione.
Replica di scudo longobardo realizzata interpretando i resti della tomba N° 79 di Nocera Umbra |
Le questioni principali da
risolvere, in base all'interpretazione dei resti di originali
ritrovati, sono relative allo spessore del disco di legno ed alle
dimensioni del foro centrale che permette di alloggiare
l'impugnatura.
Sia i frammenti di legno che i
chiodi pervenutici, infatti, farebbero supporre la presenza di una
sottilissima “membrana” di legno che forma la struttura del
disco.
La disposizione delle fibre
che si è ottenuta ricavando le tavole per fendibilità come spiegato
nel primo post che ho scritto sull'argomento, tuttavia, porta, come
conseguenza della diminuzione dell'umidità del legno, un sostanziale
calo di spessore delle tavole.
Dunque se immaginiamo che
all'atto della sua fabbricazione e dell'utilizzo lo scudo fosse
composto da legno “verde” o non completamente stagionato (Il
legno inizia a calare di dimensione solo dopo un anno
dall'abbattimento), possiamo dedurre che lo spessore in origine fosse
significativamente maggiore rispetto ai reperti giunti fino a noi.
Anche i rilievi sui chiodi
ribattuti del resto, potrebbero generare degli errori
d'interpretazione come si può evincere dall'immagine.
Esempi di chiodatura ribattuta |
Quindi, anche se non di molto,
ho ritenuto conveniente e plausibile realizzare gli scudi che ho
costruito con uno spessore leggermente maggiore rispetto a quanto i
reperti lascerebbero intendere.
Credo che la lunghezza delle
imbracciature metalliche ritrovate non si possa considerare esaustiva
per determinare le effettive dimensioni totali degli scudi originali
che probabilmente venivano realizzati basandosi sulle proporzioni del
fruitore finale.
Alcune repliche di imbracciature pervenutici con il relativo manico, in legno duro |
Da esse potrebbero trarsi al
massimo conclusioni relative al diametro minimo possibile, ma tale
misura in fondo, non è un dato significativo quanto altre deduzioni
alle quali questi reperti possono condurre, come per esempio la forma
e dimensioni del foro centrale e dell'impugnatura stessa.
In molti ritrovamenti nelle
imbracciature di metallo si riscontrano i fori più centrali,
praticati nel metallo per le chiodature di fissaggio, molto prossimi
tra loro; questa stretta vicinanza e la loro collocazione così
adiacente al centro mi ha indotto a credere che le chiodature
passanti per quei fori partecipassero al fissaggio tra imbracciatura,
maniglia e disco (collegando assieme tre principali elementi
strutturali di cui lo scudo è composto).
I buchi del resto risultano
realizzati nella parte del supporto visibilmente schiacciata ed
allargata, il che suggerisce una conformazione pensata, non solo per
aumentare la superficie d'appoggio sul legno nel punto della
chiodatura, ma per accogliere, completamente in appoggio, la
maniglia.
Risulta da subito evidente,
d'altro canto, che gli umboni rinvenuti si possono prestare a coprire
un foro di diametro molto maggiore rispetto alla circonferenza
tracciabile all'interno dei due fori dell'immanicatura; si tratta,
quindi di capire come tutte queste parti fossero assemblate.
Un altro elemento rilevato in
particolare sul reperto di Collegno (Tomba 53) si è dimostrato utile
nell'interpretazione del manufatto: sono state rinvenute delle tracce
di fibra lignea sul metallo, parallele al senso dell'imbracciatura,
che hanno portato alla conclusione che l'immanicatura vera e propria,
realizzata in legno duro, fosse a contatto col metallo per soli 10
centimetri nella parte centrale dell'imbracciatura stessa.
Mi risulta difficile
immaginare che venisse lasciato spazio libero tra manico e disco,
rinunciando all'opportunità di rendere l'impugnatura ben solidale
con lo scudo, così come mi risulta difficile credere che il foro
centrale fosse di diametro così piccolo da risultare scomodo
all'utilizzo in quanto realizzato troppo stretto per far passare
agevolmente la mano che impugna lo scudo.
Tutti questi particolari mi
hanno portato, quindi, ad ipotizzare un'immanicatura in legno duro
che, pur essendo scostata dal metallo nei punti di chiodatura (nella
parte che supera i 10 cm centrali, dati dal contatto verificato)
finisse per costituire, attraverso degli incastri a metà spessore,
un elemento di continuità con la restante struttura dello scudo,
partecipando alla solidità dell'intero assemblaggio.
Sezione della stratificazione delle varie parti dedotta dai rilievi sui reperti metallici |
Tale tipo di composizione,
dedotto da misure e figure riscontrabili sui reperti in questione,
trova conferma, con forme più o meno simmetriche, anche in diversi
ritrovamenti di scudi vichinghi, in cui la parte lignea si è
conservata e che possiamo considerare coevi a quelli longobardi
seppur appartenenti a culture differenti.
All'atto pratico ho potuto
constatare che, una volta chiuse le linguette dell'imbracciatura
metallica che avvolgono la maniglia in legno, si viene a creare una
struttura estremamente solidale anche prima di effettuare la
chiodatura dell'imbracciatura e dell'umbone, che una volta effettuate
premono sull'incastro ribadendone ulteriormente la solidità.
Entrambe le superfici dello
scudo sono state ricoperte di pelle come suggerito dall'analisi dei
ritrovamenti.
Finite queste considerazioni
preliminari, ecco alcune immagini di alcune fasi di lavorazione.
Con cunei mazza e
scure si ottengono gli spicchi da un'adeguata porzione di tronco.
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Le tavolette vengono lavorate con scure “da lato”, prima e pialla, poi. |
Il disco formato dalle tavole così ottenute presenta le linee di accrescimento in testa perfettamente ortogonali alla superficie circolare |
Particolare del disegno del foro e della maniglia alle estremità della quale devono ancora essere realizzati gli incastri “a metà spessore” |
L'impugnatura, con incastri, provata nella sua sede |
Visione d'insieme con prova dell'imbracciatura le cui linguette si devono chiudere sull'impugnatura |
I chiodi ribattuti sull'impugnatura |
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